Dopo udito,olfatto, tatto e gusto, si conclude con questa tappa, dedicata alla vista, il viaggio attraverso le copertine o i vinili in grado di coinvolgere i cinque sensi di cui siamo dotati.
Se il disco che avete appena acquistato si rivela una gioia per le orecchie, poter affermare che è pure bello da vedere aggiunge quel certo non so che al vostro grado di soddisfazione. Le copertine sono diventate molto presto valore aggiunto del prodotto discografico, passando in pochi anni da semplice contenitore a vera e propria icona, marchio di fabbrica di etichette discografiche, artisti, grafici e creativi.
Sono la forza e lo stile di un’immagine, di un artwork a rendere riconoscibili a prima vista un prodotto della Blue Note o uno della ECM, a riconoscere nel tratto inconfondibile di Roger Dean un album degli Yes, a percepire il genio di Andy Warhol alle prese con i Rolling Stones, a tuffarci nella surreale arte di Cesare Monti e Vanda Spinello o a respirare l’aria della più sognante West Coast accompagnati dai colori di Henry Diltz e Gary Burden.
Ma tutto questo (e pure altro) ben di dio ad alcuni non è più bastato, dando così il via ad una serie di trovate pensate apposta per farvi letteralmente strabuzzare gli occhi. Sagomare nelle forme più eccentriche le copertine è stata una delle prime e più semplici trovate, a partire dalla forma ottagonale della raccolta “Through the past darkly” dei Rolling Stones
per arrivare, attraverso procedimenti sempre più complessi, a gioielli come il primo e il terzo lavoro del Banco Del Mutuo Soccorso,
“Andromeda Strain” di Gil Mellè, senza dimenticare la copertina di “Long John Silver” dei Jefferson Airplane, pronta a trasformarsi in una scatola di sigari piena di marijuana.
Lavorando sul vinile c’è chi ha pensato a sagomarli oppure a colorarli nei modi più stravaganti; alcuni, come gli Styx per il loro “Paradise Theatre”, vi hanno fatto incidere simboli o loghi,
altri come i Driver 67 hanno pensato bene di realizzare dei vinili fluo pronti ad “accendersi” una volta al buio,
mentre c’è persino chi, nello specifico i tedeschi Faust e l’etichetta bresciana Bahnhof Zoo, ha basato l’artwork su autentiche radiografie.
Ma sono ancora le copertine a regalarci soprese a piene mani: a giocare con la tridimensionalità hanno cominciato i Rolling Stones con la copertina di “Their Satanic Majestic Request” dove, grazie all’espediente di una fotografia lenticolare, i musicisti si animano al muoversi del disco fra le vostre mani (l’unico componente della band a non muoversi è Mick Jagger) e dove, se guardate bene, potete intravedere fra i fiori i volti dei quattro Beatles.
Copertine simili andranno a impreziosire le prime stampe di “Captain Beyond” dell’omonima band californiana, di “Diamond and Pearls” di Prince e persino “Le nuvole” di Fabrizio De Andrè.
Come non ricordare lo stupefacente “pop up” dell’edizione limitata di “Dangerous” di Michael Jackson, opera capace di portarti letteralmente dentro al disco dell’artista statunitense?
Procuratevi un paio di occhiali 3D se volete “leggere” per bene gli artwork di “Children of the future” della Steve Miller Band e di “3D – EP” degli XTC,
ringraziando invece per la cortesia i Grand Funk che gli occhialini ve li offrono, a patto che li stacchiate dalla copertina (lasciandoci un buco nel bel mezzo) del loro album “Shinin’ on”.
Non sarete invece costretti a rovinare la confezione del cd “10.000 days” dei Tool visto che la band ha pensato bene di inserire un paio di lenti nella copertina stessa; basta alzare il lembo di cartone che le contiene e guardare il libretto interno avventurandosi in una sorta di viaggio coloratissimo e psichedelico.
Nella categoria “deliziose bizzarrie” rientrano di sicuro le limited edition di “Olio” di Mina (contenente un puzzle con cui ricostruire l’immagine di copertina) e il box “BabyBertè” di Loredana Bertè (autentica gioia per gli occhi grazie alla serie di pop up e gadget che vi sono contenuti)
La chiusura è dedicata alle due copertine forse più affascinanti di questo gruppo: per rimanere in linea col tema di “Full Circle”, secondo lavoro dei Doors dopo la morte di Jim Morrison, i creativi dello studio Pacific Eyes & Ear inserirono nelle prime copie un autentico “zootropo”. Basta armarsi di forbici, colla e pazienza per realizzare un tamburo magico che, una volta piazzato sul giradischi in funzione, ci mostra il ciclo della vita di un essere umano.
Il fatto che nel 1976 il cosiddetto “prog rock” fosse decisamente alla frutta non impedì al tastierista Rick Wakeman di arrivare sul mercato con l’album “No earthly connection”, l’unico a poter vantare una copertina anamorfica. Le immagini vistosamente distorte che appaiono sul fronte come sul retro risultano magicamente corrette grazie all’utilizzo di un cilindro realizzato con un semplice rettangolo di pellicola argentata presente all’interno.